Secondo il Vocabolario Treccani, ospitalità è:
“La qualità, la disposizione ad accogliere e trattare con generosità e cordialità gli ospiti, i forestieri.”
Una definizione nobile, che in poche parole racchiude il cuore del nostro lavoro.
Ma nel quotidiano, per chi lavora a contatto con le persone, l’ospitalità diventa qualcosa di più profondo: è relazione, è identità, è memoria.
Durante un recente colloquio, mi è stata posta una domanda semplice ma potente:
“Cos’è per te l’ospitalità?”
Non ho parlato di procedure o modelli di servizio.
Ho parlato di persone.
Per me, ospitare significa creare un legame.
Significa riconoscere chi arriva non come un numero o una prenotazione, ma come una persona, con le sue emozioni, aspettative e desideri.
La lingua è importante, ma non è tutto
Certo, conoscere la lingua dell’ospite è utile.
Ma credo che gli stranieri che vengono in Italia siano in cerca dell’italianità, non della perfezione grammaticale.
E cosa c’è di più autentico di un sorriso, di un gesto delle mani, di un saluto semplice ma sentito?
È questo il tipo di accoglienza che spesso lascia il segno.
Come dice Henri-Frédéric Amiel:
“L’ospitalità è la poesia della civiltà.”
Una poesia che si scrive con gesti, attenzioni e umanità.
Non con protocolli.
L’ospitalità vista da sud
Per noi campani, l’ospitalità è un fatto culturale, quasi sacro.
Ha il profumo del caffè preparato per chi arriva.
Ha il sapore del limoncello fatto in casa, con i limoni del giardino della struttura.
Non sono gesti casuali.
Non sono replicabili in serie.
Sono piccoli rituali autentici che dicono all’ospite: “sei il benvenuto, davvero”.
Ma se diventano standardizzati, perdono valore.
L’ospitalità vera non si può applicare sistematicamente a tutti, perché ogni persona è diversa.
Ogni ospitalità è un momento unico.
Una bussola interiore
Come dice Jacques Derrida:
“L’ospitalità comincia col riconoscere l’altro come altro.”
Ospitare significa mettersi in ascolto.
Accettare che l’altro è diverso da noi, ma proprio per questo può arricchirci.
Significa abbattere la barriera cliente/fornitore e creare un terreno comune.
Mi piace insegnare qualche parola in dialetto a chi arriva.
È un modo per includerlo, per farlo sentire parte della nostra terra, non solo un turista di passaggio.
Ospitalità non è solo un mestiere. È una forma di relazione umana.
È cultura, spontaneità, cura.
Ecco perché oggi vi chiedo:
👉 E per voi, cosa significa ospitalità?
Scrivetelo nei commenti o contattatemi.
Condividiamo insieme esperienze, idee e visioni. Perché se l’ospitalità è un’arte, allora ognuno di noi può contribuire con il proprio tratto unico.